Querelles commerciali: Venezia, Olanda e mercanti bossinesi a Costantinopoli (1620-1622)

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Venezia, Province Unite, Olanda, Costantiopoli, Commercio, Diplomazia

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Il Campiello – Études vénitiennes

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1. Introduzione

La corte di Costantinopoli costituisce nella prima età moderna uno dei poli diplomatici più importanti per tutti i paesi europei e specialmente per quelli che hanno nel commercio con il Mediterraneo orientale un interesse strategico per le loro economie. Per la Serenissima Repubblica di Venezia, che faceva dei commerci con il Levante il suo principale vettore economico, i rapporti con la Porta sono sempre stati reputati della massima importanza ed urgenzai. Gli ambasciatori veneti a Costantinopoli, il cui titolo era quello di bailo, sono infatti i diplomatici più esperti e capaci dell’intero corpo diplomatico veneziano. Gli ambasciatori della Serenissima sono tutti appartenenti al ceto patrizio ed erano dei veri professionisti della diplomazia. Già dal XVI secolo Venezia è uno dei primi stati europei ad istituzionalizzare la figura del diplomatico professionalizzandola attraverso un vero e proprio cursus honorum inteso come momento di formazione alla carriera diplomatica. La carriera di ambasciatore si caratterizzava per la pedissequa esecuzione delle disposizioni del Senato Veneziano, l’organo preposto alla gestione della politica estera della Repubblica, la brevità del mandato, solitamente non eccedente i quattro anni in una stessa corte diplomatica, e la versatilità dell’ambasciatore nel cambiare contesto diplomatico. All’apice del cursus honorum diplomatico vi era appunto la carica di bailo di Costantinopoli, ambasciatore della Serenissima residente presso la corte ottomana. I compiti principali del bailo erano la difesa degli interessi mercantili della Serenissima e la protezione dei possedimenti veneziani in Levante contro le ripetute minacce di conquista ottomanaii. Per la Serenissima la guerra con la Porta ottomana significava l’interruzione dei commerci vitali con il Levante ed ingenti spese di difesa e fortificazione del dominio veneziano. Questo si estendeva dalle isole ed entroterra dalmata (l’odierna Croazia) a quelle degli arcipelaghi greci fino all’isola di Creta (che i veneziani chiamavano Candia). All’inizio del XVII secolo la Serenissima si trova stretta dalla pressione della casata degli Asburgo sui suoi domini italiani e allo stesso tempo non poteva contare sul sostegno degli altri potentati europeiiii. Da questo contesto scaturisce l’estrema attenzione della politica estera veneziana nei confronti della Porta ottomana, indirizzata verso il mantenimento delle buone relazioni e della pace anche sfruttando la collaborazione del corpo diplomatico residente a Costantinopoli. L’arrivo di nuovi attori politici e commerciali tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo comporta un nuovo approccio della diplomazia veneziana alle relazioni con la Porta influenzate anche dagli avvenimenti relativi alla Guerra dei Trent’anniiv. I continui sconvolgimenti della politica interna al governo ottomano e l’impegno militare sui confini orientali contro l’Impero persiano impediscono agli ottomani di sfruttare la guerra in Europa per conseguire conquiste militari nei Balcani e sul dominio venezianov. La pace firmata con il Sacro Romano Impero nel 1606 a Zsitvatorok lascia il fronte ungherese non del tutto pacificato. Lo scoppio della rivolta boema e l’aggressività bellica del principe di Transilvania Gabor Bethlen, rappresentò per Venezia un importante diversivo per mantenere impegnate le truppe imperiali. La complessità del mondo diplomatico di Costantinopoli rende perciò particolarmente interessante l’analisi dei rapporti fra i baili veneziani e l’ambasciatore degli Stati Generali neerlandesi – e cioè l’assemblea generale del governo delle Province Unite dei Paesi Bassi che determinava la politica estera della repubblica neerlandese – Cornelis Haga che fu il primo e unico ambasciatore residente delle Province Unite a Costantinopoli in tutta la prima metà del Seicento. Nel primo Seicento infatti la potenza neerlandese cercò di espandere la sua influenza commerciale anche nel Mediterraneo orientale sfruttando la tregua siglata con la corona spagnola nel 1609. Erano dunque stati istituti vari avamposti commerciali neerlandesi nei centri mercantili levantini ma una presenza diplomatica stabile era ormai necessaria. La missione a Costantinopoli di Cornelis Haga, che in principio era stata pensata come temporanea, prevedeva l’introdursi alla corta ottomana e stipulare una condotta commerciale specifica con la Porta garantendo quindi ai mercanti olandesi condizioni di commercio vantaggiose. In tale contesto il confronto con i rappresentanti degli interessi della altre potenze occidentali era inevitabile. Fin quasi dal suo arrivo nel 1612 l’ambasciatore neerlandese cercò il contatto con il bailo veneziano, esperto e valido diplomatico, per potersi meglio introdurre alla corte del sultano e di fronte al Divano ottomano. Sia gli Stati Generali, quanto lo stesso Haga, contavano sugli incoraggianti segnali di avvicinamento diplomatico scambiati dalle due repubbliche già nel 1609 proprio all’indomani della stipula della Tregua dei dodici anni fra le Province Unite e la Spagna. Il Levante si presentava dunque quale nuovo scenario per le relazioni diplomatiche fra Venezia e Province Unite in fondo avviate verso un incremento dei loro contatti e delle possibili vie di collaborazione.

2. Gli ambasciatori cristiani alla Porta ottomana e l’arrivo di Cornelis Haga (1612-1613)

I primi giorni di marzo del 1612 l’ambasciatore francese a Costantinopoli invia il proprio segretario ad informare il bailo Simone Contarini dell’arrivo di un inviato degli Stati Generali delle Province Unite. Nonostante vi fossero già alcuni consoli, o agenti di commercio, degli Stati Generali residenti nei più importanti scali commerciali del Medio Oriente e del Mediterraneo ottomano, questi si presenta come il primo rappresentante delle Province Unite a recarsi alla corte del Sultano. La missione diplomatica di Haga aveva come obiettivo la stipula di una condotta commerciale particolare con l’Impero ottomano dando vantaggio ai commerci olandesi. L’ambasciatore di Francia però non sembrava affatto contento della notizia, convinto che l’arrivo di Cornelis Haga e la stipula di una condotta commerciale particolare per le Province Unite sarebbero stati di pregiudizio agli interessi non solo di Francia, ma anche di Inghilterra e della stessa Serenissima. Proprio dall’ambasciatore francese fu proposta un’azione comune dei tre ambasciatori perché il progetto delle Province Unite naufragassevi.

Solo dopo lunghe negoziazioni l’ambasciatore Haga riuscì a farsi introdurre al Divano e a stipulare le condotte commerciali particolari vantaggiose per il commercio delle Province Unite nel Levante ottomano. Gli ambasciatori delle potenze europee residenti a Costantinopoli, ad eccezione dell’ambasciatore francese, cambiarono attitudine nei confronti del nuovo interlocutore inaugurando un periodo di sostanziale collaborazione e mutuo rispetto. In modo particolare la relazione fra i baili veneziani e l’ambasciatore Haga, che sarebbe rimasto a Costantinopoli per ventotto anni, si sarebbe dimostrata particolarmente positiva.

La collaborazione fra le due diplomazie a Costantinopoli divenne particolarmente intensa al volgere del 1620, successivamente alla stipula dell’alleanza militare difensiva fra il Senato veneziano e gli Stati Generali neerlandesi. Le Province Unite, desiderose di ampliare la loro rete di alleanze, avevano tentato sin 1596 ad instaurare un contatto politico con la Serenissima dimostrando in più occasioni la volontà di fornire sostegno militare alla repubblica veneta. Accadde nel 1607 durante l’Interdetto veneziano quando il Pensionario d’Olanda Johan van Oldenbarnevelt, leader politico della provincia olandese e della stessa repubblica neerlandese assieme al Principe Maurits di Nassau, propose al doge Leonardo Donà l’apporto delle truppe olandesi nel caso di una rivalsa militare sulla repubblica da parte delle forze cattoliche in Italia. La proposta venne però garbatamente declinata dal doge e dal Senato. Precursore dell’alleanza militare del 1619 fu invece la spedizione militare olandese nella Guerra di Gradisca nel 1613, guidata dal rampollo della famiglia d’Orange Giovanni Ernesto di Nassau. A causa delle continue incursioni dei pirati Uscocchi nelle coste dalmate, e a svilimento dei commerci veneziani con la Porta ottomana, la Serenissima ingaggia una vera e propria guerra con l’arciduca d’Austria Leopoldo d’Asburgo reo di dare protezione ai pirati dalmati nonostante le reiterate richieste di intervento di Venezia. Cristoforo Suriano, segretario veneziano residente alla sede degli Stati Generali neerlandesi nella città di Den Haag, venne incaricato di negoziare una condotta militare privata nelle Province Unite per dare sostegno alle truppe veneziane impegnate nel fronte austriaco. A fronte di lunghi negoziati e di una ingente spesa da parte del governo veneziano, oltre 3000 soldati olandesi giunsero in Italia nord-orientale guidati dal duca Giovanni Ernesto di Nassau, per attestarsi alle porte della roccaforte di Gradisca, già assediata dall’esercito veneto. L’apporto militare olandese alla causa veneziana non si rivelò decisivo se non addirittura controproducente. Malattie e incomprensioni nel comando generale risolsero l’impresa in un sostanziale fallimento.

Nonostante ciò nel dicembre del 1619 le due repubbliche formalizzarono l’alleanza militare difensiva che avrebbe caratterizzato il loro rapporto diplomatico negli anni seguenti. I capitoli centrali dell’unione prevedevano che in caso di guerra aperta e di attacco subito da una delle due repubbliche, l’altra di impegnava a versare un considerevole contributo di 50.000 fiorini al mese per l’intero periodo di belligeranza. Se l’attacco fosse stato subito da Venezia, questa poteva richiedere la permuta del sussidio economico con un equivalente fornitura di navi da guerra, truppe militari e armamenti. La complessa negoziazione di questa unione militare serviva numerosi necessità. Le Province Unite cercavano un’alleanza militare con un’altra potenza cristiana cattolica che non fosse la Francia e delle sovvenzioni per l’imminente ritorno delle belligeranze in Fiandra, fra le province neerlandesi e le truppe spagnole, allo scadere della Tregua dei Dodici Anni. Venezia dal canto suo era interessata alla riapertura del fronte fiammingo e all’impegno che avrebbe comportato per le truppe spagnole che, impegnate sul quel fronte, difficilmente sarebbero state utilizzate in una sortita militare contro la Serenissima in Italia settentrionale. Un altro importante punto di interesse veneziano per la stipula dell’alleanza con le Province Unite era la questione mediterranea e adriatica. Venezia non poteva infatti contare sull’aiuto dei principi cattolici nell’eventualità di un attacco ottomano ai propri possedimenti levantini, come anche da un attacco marittimo da parte della flotta spagnola del Regno di Napoli che si manteneva pericolosamente mobilitata dal 1618. Venezia aveva bisogno di sostegno marittimo e vedeva nella mirabile flotta olandese, sempre più presente nel Mediterraneo orientale, una valida garanzia difensiva per i suoi territori e commerci. L’alleanza militare fra le due repubbliche fu dunque sancita con grande solennità e diede forma ad uno stabile rapporto diplomatico con il mutuo invio di ambasciatori residenti alle rispettive corti. A Costantinopoli l’ambasciatore olandese Haga e i baili veneziani già mantenevano un rapporto di sostanziale collaborazione che venne incrementato proprio in occasione della stipula dell’alleanza.

In questo contesto si colloca un evento che risalta per la capacità di mettere a fuoco quello che fu il grado di collaborazione e di momentanea unione di intenti delle due diplomazie repubblicane a Costantinopoli.

3. Mediazione di Cornelis Haga per la questione fra il bailo veneziano e i mercanti bossinesi a Costantinopoli (1620)

La Scala di Spalato in Dalmazia, creata per la sicurezza delle merci e dei commerci con il Levante grazie alla collaborazione dei mercanti dalmati, bossinesi (bosniaci) ed ebrei, era disturbata nella sua funzione di vettore commerciale dai continui attacchi pirateschi degli Uscocchi sostenuti non ufficialmente dagli arciduchi di Austriavii. La Serenissima aveva predisposto due galeazze da guerra al controllo della rotta per Spalato per garantire una maggiore sicurezza ma questa misura non sempre si rivelava sufficienteviii. Nel 1619 alcune navi veneziane infatti erano state perse per l’intervento di pirati ragusani e spagnoli, numericamente superiori alla flotta veneziana a guardia della rotta di Spalato. Venezia si considerava non responsabile della perdita delle navi avendo, secondo il governo, fatto tutto il possibile per assicurare la protezione dei convogli. I mercanti bossinesi, provenienti dalla regione della Bosnia e formalmente sudditi ottomani, che avevano riposto le loro mercanzie sulle navi veneziane che poi erano state catturate dai pirati chiedevano a gran voce alla Repubblica di essere risarciti del danno subito. Venezia non si considerava obbligata a tale risarcimento ma i bossinesi legittimavano le loro pretese rivendicando la validità di una promessa ufficiale lasciata dal conte di Spalato. Questi infatti dichiaravano che il conte avesse indotto i mercanti bossinesi ad usufruire delle navi veneziane garantendo la totale copertura di eventuali danni o perdita del carico. Da parte veneziana invece si rimostrava la non validità dell’accordo in quanto non era di competenza del conte di Spalato e ad ogni modo contratto all’oscuro di Veneziaix. La questione dei bossinesi metteva in difficoltà Venezia che a Costantinopoli chiedeva il sostegno degli altri ambasciatori cristiani ed in particolare dell’ambasciatore di Inghilterra e di Francia. Spesso però le differenze fra Venezia e Parigi andavano ad influire sulla collaborazione diplomatica. Dalle lettere dell’ambasciatore Foscarini a Parigi era stato comunicato al Senato come il re di Francia si fosse mostrato incline ad aiutare Venezia nella questione dei bossinesi, in quanto da sempre i due stati si erano spalleggiati nelle questioni di interesse e dignità comune. Il re ordinava inoltre che venisse comunicato all’ambasciatore francese a Costantinopoli di intervenire a sostegno di Venezia. Ma nel licenziarsi dall’udienza col re Foscarini venne fermato dal segretario regio Pisius il quale rinfacciava a Venezia di non aver mai aiutato la Francia nel momento del bisogno. La questione suscitava in verità la perplessità del governo veneziano in quanto già il bailo Almorò Nani, bailo a Costantinopoli dal 1614, aveva a suo tempo interceduto a favore dell’ambasciatore francese a Costantinopoli Sesì fatto imprigionare dal sultanox.

Data la difficoltà del momento il Senato ordinava a Nani di promuovere la collaborazione con tutti gli ambasciatori e ministri di principi collegati con Venezia. In particolar modo il bailo doveva ricerca il sostegno dell’ambasciatore Haga in virtù della recente alleanza militare difensiva stretta fra le due repubbliche. Nel dispaccio del Senato a Nani si trovava, in verità abbastanza sorprendentemente, l’istruzione a richiedere, se necessario, anche l’ausilio della Spagna per

« [...] non essere la Repubblica in tale diffidenza con Spagnoli, che non possa ella, dove si tratti del comun interesse, promettersi nelle occasioni quei reciprochi aiuti che altre volte sono riusciti ad ambi li stati giovevoli; ma doverà ciò essere portato con molta riserva, et grande avvedimento per tutti li rispetti »xi

Il riferimento alla possibilità di rivolgersi ai nemici spagnoli denota il forte stato di preoccpazione del governo veneziano per i rapporti con la Porta e la sicurezza del dominio della Serenissima in Levante. Una preoccupazione che evidentemente giustificava anche un’apertura verso i diffidati spagnoli. Effettivamente da parte di Madrid e di altri principi cattolici legati alla Spagna, giungevano a Venezia costanti sollecitazioni per formare una nuova lega contro gli ottomani alle quali il governo veneto continuava a rispondere negativamente. Sempre nelle stesse istruzioni al bailo il Senato suggeriva di usare questa notizia secondo la sua discrezione per avvantaggiarsene nelle relazioni con gli ambasciatori residenti a Costantinopoli, ma di evitare categoricamente la rottura aperta con il governo ottomanoxii.

Il dragomanno del bailo Nani, Antonio Borisi, era appena stato pubblicamente giustiziato per ordine del visir, il primo ministro ottomano e di fatto colui che gestiva l’impero per nome del sultano, in quanto accusato di aver fornito una traduzione errata ai colloqui dedicati alla questione bossinesexiii.

Sempre per la difficile questione dei bossinesi il Senato veneziano aveva già in prima istanza richiesto il diretto sostegno delle Province Unite portando a conoscenza dei fatti l’ambasciatore straordinario a Venezia Van Aerssen. Questi infatti si trovava a Venezia per la ratifica dell’alleanza militare fra le due repubbliche. Nel comunicare i dettagli della situazione all’ambasciatore neerlandese il Senato insisteva sulla irragionevolezza delle pretensioni del visir sulla Serenissima le quali non potevano essere accettate e la preoccupazione suscitata dalle aggiunte minacce di guerra. Il Senato sospettava che dietro tutto ciò vi fosse l’azione spagnola intenta a indebolire la posizione di Venezia in Levante e allontanarla dagli uffici che questa faceva contro la Spagna. Il Senato riconosceva i benefici già ricevuti dagli uffici dell’ambasciatore Haga « [...] il suddetto in credito, et stima grande presso il Primo Visir [...] » a favore di Venezia e del bailo. Proprio a tal proposito si inviavano da Venezia delle istruzioni specifiche al segretario residente a Den Haag Cristoforo Suriano informandolo degli uffici promossi con l’ambasciatore Van Aerssen, e di come il bailo Nani avesse ottenuto il valido aiuto di Cornelis Haga nei rapporti con il primo visir. A Suriano pertanto si ordinava di eccitare il governo di Den Haag a fare officio con Haga per il mantenimento di questa collaborazionexiv.

Nelle successive istruzioni al bailo Nani il Senato spiegava con più dettaglio quale fosse la strategia da utilizzare nei rapporti con il visir. Sempre facendo affidamento sull’ausilio degli ambasciatori alla Porta ed in particolare di Haga, il bailo avrebbe dovuto far intendere al visir che l’alleanza militare con le Province Unite avrebbe dato a Venezia maggiore forza navale nel Mediterraneo. Oltre a ciò si ordinava al bailo di far presente che sebbene la Serenissima fosse incline alla pace e non fosse mai intervenuta contro la Porta, se messa alle strette avrebbe dovuto cedere alle offerte di lega contro di loro proposte dai principi cattolici ed in particolare dagli spagnoli. Venezia inoltre poteva contare sul sostegno della flotta inglese nel Mediterraneo – attestata da una lettera inviata al Senato dallo stesso Giacomo I e che il bailo aveva il permesso di mostrare in caso di necessità al visir – come anche poteva contare sull’appoggio francese « [...] che si è mostrata sempre dalla parte cristiana [...] » oltre che della già citata flotta delle Province Unitexv. Il bailo Nani inoltre doveva cercare di dissuadere il visir dall’azione contro Venezia esponendo gli svantaggi che il commercio ottomano avrebbe subito da tale condotta. L’eventuale sospensione del pattugliamento delle galee veneziane nelle rotte commerciali con il Levante avrebbe infatti lasciato liberi nella loro azione contro i vascelli turchi non solo i pirati Uscocchi ma anche quelli toscani, maltesi e inglesi. Il Senato informava il bailo delle notizie che da Vienna parlavano di nuove commissioni date all’agente imperiale Gallo a Costantinopoli per proporre la tregua con la Porta. Queste dovevano includere anche la Spagna e per facilitare il successo di questa iniziativa gli arciducali avevano offerto sostegno a Venezia nella questione dei bossinesi. Il bailo doveva tenere informato di tutto ciò l’ambasciatore Haga il quale era mosso dallo stesso interesse perché la tregua fra le potenze cattoliche e l’Impero ottomano non si concludesse.

Il bailo, seguendo le istruzioni provenienti da Venezia, cercava attraverso la mediazione fra Haga e il visir di risolvere questo stato di tensione attraverso l’allontanamento del gruppo dei mercanti bossinesi e l’interlocuzione solo con alcuni loro rappresentanti in un contesto dunque più facilmente gestibile e manipolabile.

Il nodo della questione si rivelava essere la pretensione dei bossinesi, e dello stesso visir, di considerare il bailo veneziano responsabile per il risarcimento della perdita del carico dei suddetti mercanti. Da qui il netto rifiuto del bailo e del governo veneziano che protestavano l’impossibilità e la non correttezza del considerare l’ambasciatore veneziano commesso – o procuratore – della repubblica in materie di natura commerciale. L’accomodamento delle questioni mercantili doveva necessariamente essere preso infatti attraverso dei negoziati ufficiali che determinassero la ragione delle parti in causa, ma che non potevano vedere nel bailo un responsabile, ma solo un tramite. Era proprio in questa direzione che si spendeva la mediazione dell’ambasciatore Haga che in una lettera spedita a Giustinian – bailo incaricato di succedere a Nani nell’estate del 1620 – affermava di aver ricevuto ordine da Den Haag « [...] di concorrere nelli presenti, et tutti gli altri occorrenti negotii della Serenissima Repubblica Veneta con li Eccellentissimi Signori Ministri, e Baili suoi, tanto per la stretta amicitia, e confederatione fatta con essa, come anco per li interessi comuni»xvi.

Giustinian, che per convenienza si era dato per malato dal giorno stesso del suo arrivo a Costantinopoli, lamentava di essere continuamente ricercato dal bassà ottomano che ospitava i mercanti bossinesi perché risolvesse la questione per liberarsi anche lui dei fastidiosi ospiti. Giustinian protestava come lui non potesse trattare alcuna questione, impossibilitato ad andare ad udienza con il visir dalla malattia. I mercanti bossinesi rivendicavano però il loro pagamento in quanto il bailo Nani aveva precedentemente versato una certa somma di denaro, come risarcimento, ai maggiori mercanti bossinesi che avevano subito la perdita della loro merce. I bossinesi minacciavano il bailo di andare a riferire di questa ingiustizia direttamente al sultano espnendo quindi Venezia a possibili più pesanti ripercussioni. Le pretensioni di tali mercanti ammontavano ad una somma considerevole di 175.000 talleri imperiali e potevano contare sul sostegno del visir che però fino a quel momento era rimasto a guardare senza pronunciarsi chiaramente sulla questionexvii.

I mercanti bossinesi, denotando una buona conoscenza delle dinamiche che caratterizzavano la politica interna al governo ottomano, cercarono di procacciarsi l’intervento del visir a loro favore giocando sulla rivalità fra lo stesso visir e l’ammiraglio della flotta imperiale ottomana Calil Pasha. In occasione del sontuoso approdo della flotta ottomana a Costantinopoli, guidata dallo stesso Calil Pasha, i bossinesi, radunatisi in gran numero, fecero spargere la voce della deposizione del visir e l’assunzione di Calil Pasha al grado del governo ottomano. I bossinesi accusavano il visir di aver complottato a loro danno con il bailo veneziano, e di aver usato il pretesto della malattia di Giustinian per evitare che venisse loro elargito il risarcimento. Queste voci, e la volontà di procurarsi del guadagno dalla diatriba fra Venezia e mercanti bossinesi, indussero il visir a chiamare a colloquio il bailo Giustinian nonostante la dichiarata infermità per malattia. Insieme al bailo vennero convocati anche i Cadileulieri, giudici ottomani, perché facessero sentenza di risarcimento a favore dei bossinesi e correggessero lo statuto riguardante la posizione dei baili veneziani a Costantinopoli. Il visir voleva infatti che i baili fossero ufficialmente responsabili a nome della Serenissima in simili occorrenze. Tale inaspettata azione del visir non solo deteriorava il già difficile negozio con i mercanti bossinesi, ma metteva a serio repentaglio la posizione giuridica dei ministri veneziani alla Porta e di riflesso anche quella degli altri ambasciatori stranieri a Costantinopoli. Con il valido aiuto dell’ambasciatore Haga, che in questo frangente si occupava di provvedere personalmente allo scambio di comunicazioni fra il bailo veneziano e il visir, Giustinian riuscì a prendere tempo e a programmare non solo la prima udienza ufficiale, da tenersi in Divano con anche la partecipazione del predecessore Nani, ma di ottenere successivamente una udienza privata dedicata alla questione bossinese con il visir. Il visir aveva in progetto di usare i soldi pretesi dal bailo e dai bossinesi per la sistemazione della vicenda e per offrire lauti regali al sultano. Ciò doveva contrastare l’ascesa di Calil Pasha nelle grazie del sultano e preservare la sua posizione quale primo visir. Alla prima udienza ufficiale con i membri del Divano e lo stesso visir un ancora febbricitante Giustinian ribadiva come non fosse appropriato per lui negoziare con i bossinesi essendo un rappresentante diplomatico. Per questo richiedeva l’autorità del visir come mediatore ottenendo il coinvolgimento dell’ambasciatore Haga « [...] il che per il detto rispetto mi fu molto caro conoscendo l’ottima volontà, et zelo di esso Ambasciatore verso il servitio, et avantaggio di V. Serenità, che certo non può essere maggiore»xviii.

Fu proprio con l’ambasciatore delle Province Unite che il bailo Giustinian concordò la strategia per cercare di avvantaggiare la posizione del capitano da mar Calil Pashà che evidentemente mirava concretamente a diventare primo visir. Il negozio con i mercanti bossinesi restava una questione difficile per l’attesa di istruzioni da Venezia e per la poca volontà del visir di annullare le sentenze precedenti. L’onerosa cifra pretesa dai bossinesi e dal visir poteva essere soddisfatta dal bailo solamente attraverso una elargizione straordinaria di denaro da Venezia. A preoccupare i due ambasciatori era l’entità del donativo da elargire al visir che doveva essere sufficiente perché questi garantisse che una questione del genere non si sarebbe mai più ripresentata. Il bailo Giustinian era consapevole della delicatezza di questo che sembrava un affare di poco conto, ma che per i toni con i quali veniva portato avanti e le implicazioni che poteva avere sulla politica del governo ottomano rischiava, se mal gestito, di mettere a rischio i traffici commerciali fra Venezia e la Porta e la stessa pace che vigeva fra le due potenze mediterranee ormai dal 1573.

Al successivo incontro con il primo visir furono ammessi solo il bailo Giustinian, coadiuvato dal capitano Soderini in veste di interprete, e l’ambasciatore Haga senza che vi fossero altri partecipanti. Cornelis Haga fu il primo a parlare richiedendo per il buon avvio dei negoziati la soddisfazione della Repubblica con l’annullamento dei giudizi e delle sentenze passate. Il bailo confermava la volontà di elargire il donativo al visir ma rifiutava il risarcimento ai bossinesi contestando il precedente versamento «fatto contro gli ordini e il volere» di Venezia dal bailo Nani e che anzi aveva avuto ordine di richiedere la loro cacciata da Costantinopoli a mani vuote. La risposta del bailo incontrò lo sfavore del visir che visibilmente adirato minacciava l’allontanamento dei rappresentanti di Venezia da Constantinopoli se non fosse tempestivamente intervenuto l’ambasciatore Haga a calmare i toni della conversazione. Haga propose che l’intera somma del risarcimento ai bossinesi e il donativo al visir venisse affidata direttamente allo stesso visir. Questi avrebbe poi negoziato con i bossinesi sull’entità del risarcimento potendo trattenere per se l’eventuale avanzo di denaro, ma soprattutto evitando il diretto coinvolgimento di Venezia e il suo bailo nel negoziato. Così facendo si sarebbe ad un tempo solo salvata la dignità della Serenissima ed evitata la creazione di un pericoloso precedente.

Allettato da questa nuova prospettiva di guadagno il visir si rese favorevole allo stratagemma proposto dall’ambasciatore Haga, ma le nuove maggiorate pretensioni dei bossinesi, che ora ammontavano a 200.000 talleri, portarono ad un nuovo stallo delle trattative. Il visir evidentemente scontento della piega che aveva preso la questione, minacciava parlando con Haga di portare la guerra dal fronte polacco a quello veneziano se il bailo e la Serenissima non si fossero risoluti a dare soddisfazione immediata alle istanze bossinesi. L’ambasciatore Haga andò più volte a colloquio con il visir portando doni e regali a nome del bailo veneziano riuscendo a far guadagnare al Giustinian ancora qualche giorno sfruttando anche l’arrivo a Costantinopoli di un ambasciatore persiano che occupò la corte ottomana in diversi cerimoniali. Ancora una volta la mediazione di Haga si rese indispensabile al bailo veneziano durante i giorni di attesa delle istruzioni da Venezia perché si portasse a continuo contatto con il visir e tentasse di fargli cambiare idea sull’intera questione promettendo il pronto pagamento della somma.

Giustinian era però in forte difficoltà non riuscendo a trovare alcun creditore per l’eventuale esborso di denaro. Né i mercanti veneziani di Costantinopoli né i mercanti ebrei che di solito erano disposti a far credito al bailo. Questi:

« [...] che si fidano più tosto di dar cambio a qualsivoglia altro [più tosto che al Bailo di Venezia], cose che non si può credere di quanto levino la riputatione, et credito ad esso Bailo nella trattazione di qualsivoglia negotio, et appresso tutti li Signori della Porta, che veramente quelli, che hanno veduto la riputatione e credito dei Baili passati, et il disprezzo et poco credito, che si fa dei presenti sospirano e liberamente dicono, che non paiono più Baili di Venetia, ma semplici commesi, e che più non è meraviglia se vengono in tal modo strapazzati e maltrattati, perché qui non si tiene conto d’altro che dell’oro, et della riputatione, che apporta il concetto di poter spenderlo »xix

Una condizione di cui il visir era effettivamente a conoscenza e che non mancò di sottolineare al bailo per spronarlo ad una rapida soluzione del problema e soprattutto a non lesinare sul donativo. Sempre il visir confidava ad Haga, perché riferisse a Giustinian, che dopo la rotta subita dall’esercito polacco contro quello ottomano fosse in arrivo un ambasciatore dalla Polonia per discutere i termini di pace. Anche l’ambasciatore di Persia, dati i suoi generosi regali di seta e elefanti, voleva confermare la pacificazione dei confini orientali dell’Impero e che persino ambasciatori di Boemia e Ungheria si sapeva fossero in procinto di recarsi dal sultano. Il visir dunque prospettava al bailo una pacificazione generale di tutti i fronti militari ottomani, suggerendo implicitamente la possibilità di una politica più aggressiva contro Veneziaxx.

A complicare una situazione già di per sé molto pesante vi fu l’insoddisfazione del capitano da mar Calil Pasha sulla cui nomina a primo visir contava Venezia per uscire da una relazione con il governo ottomano ormai fortemente compromessa. Il motivo dell’insoddisfazione del capitano ottomano risiedeva nelle stoffe di seta pregiata che gli erano state promesse dal bailo Nani prima che uscisse in campagna navale e sulle quali Calil Pasha contava per farne dono al sultano e perorare il suo avanzamento di grado nel governo. Contando sulle sete veneziane Calil non aveva provveduto a fornirsi di stoffe pregiate durante il suo viaggio trovandosi dunque a Costantinopoli senza doni adeguati da presentare all’udienza dal sultano rischiando così di pregiudicare le sue aspirazioni politiche. L’ammiraglio pretendeva che fosse Giustinian a sistemare la sua situazione procurandogli sete preziose o una congrua somma di denaro con la quale comperarne di nuove al mercato di Costantinopoli. Il bailo si era trovato così costretto a soddisfare le pretese Calil Pasha, considerato l’unico vero amico di Venezia nel governo ottomano. Gli fu elargita segretamente - facendo in modo che non lo venisse a sapere il primo visir - la somma di mille zecchini nonostante le sue possibilità di diventare primo visir fossero di fatto ridimensionatexxi.

Continuavano intanto i negoziati tra il visir e il bailo Giustinian attraverso la mediazione dell’ambasciatore Haga per la risoluzione della questione bossinese. Il visir chiedeva 30.000 zecchini di compenso mentre per i bossinesi ancora si parlava di una cifra non inferiore a 180.000 talleri, altrimenti il visir avrebbe fatto mancare la sua mediazione lasciando che i giudici Cadleschieri si pronunciassero con le note conseguenze per lo status dell’ambasciatore di Venezia a Costantinopoli. Il braccio di ferro fra il primo visir e il bailo Giustinian, con la sempre vigile mediazione di Haga, portò a quella che sembrava una soluzione capace di accontentare entrambe le parti. Haga e alcuni turchi erano stati nominati dal visir come supervisori alla liquidazione del credito dei bossinesi che per Venezia ora ammontava a circa 190.000 talleri comprendenti il compenso al visirxxii. Nonostante gli sforzi di Haga il negozio procedeva troppo a rilento. Frequenti infatti erano i cambiamenti di intenzione da parte del visir che era sospettato da Haga di aver accettato un donativo da parte degli spagnoli di 100.000 ducati in cambio della non soddisfazione di Venezia. Il bailo infatti descriveva con toni critici e drammatici il carattere del visir dipinto quale estremamente volubile e difficile, interessato solo al suo utile personale e per nulla ben incline alla Serenissima. Questi teneva risoluta la guerra in Polonia dal 1620 e poteva, grazie alla sua confidenza con il sultano - sempre secondo Giustinian -, portare le ostilità anche verso i domini di Venezia.

La situazione era decisamente precaria. Le continue molestie dei novanta mercanti bossinesi non solo al bailo ma a tutto il Divano ottomano e allo stesso sultano - facendo baccano vicino alle finestre del palazzo - avevano danneggiato ancor di più la già precaria posizione di Venezia e del bailo Giustinian. L’irremovibilità del visir nel pretendere il completo pagamento in denaro delle richieste dei bossinesi aveva portato il bailo a far pervenire a Costantinopoli, per mezzo di un mercante veneziano e all’oscuro del Senato, un grosso quantitativo di sete e lane pregiate con le quali avrebbe cercato soddisfare le richieste dei bossinesi senza utilizzare denaro contante. Queste merci dovevano essere depositate nel magazzino dell’ambasciata delle Province Unite, ma vennero confiscate dai dazieri ottomani che le avevano intercettare nei pressi del magazzino dell’ambasciataxxiii. I sospetti della presenza della mano spagnola dietro alla rigidità della posizione del visir, nonostante le offerte veneziane, vennero dunque confermate dalla manifesta volontà del visir di rompere gli accordi presi con Haga e Giustinian ancora prima della notizia del sequestro delle sete. Il bailo inoltre era venuto a conosceza che il visir guardava alla questione dei bossinesi con molta meraviglia e disprezzo nei confronti di Venezia che non pagando i suoi debiti dimostrava poca dignità e lustro. Anche il Muftì, interrogato da Giustinian su come fosse meglio procedere, suggerì di concludere la questione al più presto procedendo al pagamento dei bossinesi secondo le modalità fissate dal visir. Giustinian anche volendo, non era però nelle condizioni di elargire la somma di quasi 200.000 talleri senza il sostegno da Venezia. Fu però grazie all’intervento del Muftì e alla solita mediazione dell’ambasciatore Haga che alla fine si riuscì a trovare una soluzione soddisfacente. Il visir acconsentì al pagamento di 76.000 talleri ai bossinesi, quindi meno della somma richiesta dai mercanti, trattenendone per sé altri 23.000. Più importante fu invece l’ottenimento da parte del bailo dell’annullamento delle sentenze precedenti che avevano costretto a suo tempo il bailo Nani a pagare alcuni dei mercanti bossinesi, azione che aveva successivamente innescato le pretese di quei mercanti bossinesi che non avevano ricevuto nulla. Venezia usciva da questa difficile vicenda dichiarata non responsabile per ciò che accadeva alle mercanzie trasportate sulle sue navi. Si ottenne che in futuro tali pretensioni di risarcimento non potessero essere sollevate nei confronti del bailo veneziano; questi veniva quindi riconosciuto ambasciatore e rappresentante della Serenissima, e non suo commissario o procuratore. Anche l’ambasciatore Haga ricevette un compenso per la sua opera di mediatore e di commesso del visir per le operazioni di versamento del denaro ai bossinesi. Giustinian rivelava poi di come riuscì a convincere il Muftì ad intercedere per la causa veneziana avendo « [..] molto ben impiegati li quattro panni, che gli ho presentato [...] » e osservava come fosse importante mantenere questo soggetto vicino a Venezia data la sua confidenza sia con il visir sia con il sultano e senza il cui intervento il negozio dei bossinesi difficilmente sarebbe andato a buon fine. L’intervento del Muftì fu decisivo anche per far cadere l’interesse ottomano nei confronti delle proposte di tregua giunte da Vienna per conto della Spagna e che avevano trovato una buona accoglienza fra i membri del Divano. Giustinian, infine, non mancò di esaltare l’aiuto ricevuto dall’ambasciatore olandese Haga, fondamentale e al quale si doveva il buon esito dell’intero negozio. Il bailo proponeva al Senato che si elargisse un compenso per la grande opera di Haga a vantaggio di Veneziaxxiv.

Come ringraziamento e compenso per i servigi offerti alla repubblica dall’ambasciatore Haga, il Senato aveva deliberato in vantaggio dei commerci olandesi su una serie di questioni richieste dello stesso Haga, oltre agli ufficiali ringraziamenti fatti pervenire all’ambasciatore e al governo di Den Haagxxv. Negli stessi giorni si era anche deciso a che per l’inizio dei pagamenti del sussidio di guerra agli Stati Generali delle Province Unitexxvi. L’alleanza militare fra le due repubbliche era dunque di fatto attiva e sicuramente la questione dei mercanti bossinesi a Costantinopoli, e l’intervento di Haga a favore di Venezia, aveva in qualche modo influenzato positivamente il Senato veneziano.

4. Conclusione

La vicenda narrata in queste pagine, al di là della sua peculiarità, mostra sostanzialmente due aspetti importanti della vita diplomatica a Costantinopoli e della quale Venezia era fra i protagonisti assoluti. La prima evidente questione riguarda appunto l’intreccio di relazioni fra diplomatici europei e governo ottomano. In un contesto dove interessi economici e politici dalle plurime sfaccettature, si trovano ad essere indissolubilmente correlati e spesso sovrapposti, l’attività dei diplomatici cristiani alla corte ottomana chiaramente risente delle dinamiche proprie del politica continentale europea, ma non manca di influenzarla a sua volta. Il caso della collaborazione fra i diplomatici delle due repubbliche a Costantiopoli si basava infatti sull’intreccio di mutui interessi che aveva portato alla stipula dell’alleanza militare del 1619. Cornelis Haga, che nel 1620 era fra i diplomatici più esperti della corte ottomana, agì da vero e proprio mediatore nella crisi fra i baili veneziani e il divano, rivelando l’alta proficuità della relazione veneto-olandese a Costantinopoli.

Il secondo fattore che emerge dall’analisi di questo caso specifico è la ormai chiara predisposizione di Venezia a dividere la sfera politica da quella commerciale. La minaccia da parte ottomana di considerare il bailo veneziano procuratore e responsabile commerciale della Repubblica in terra ottomana appariva quale forte svantaggio per l’autonomia politica del bailo il quale, pur non totalmente scevro da responsabilità di natura commerciale, aveva come priorità la gestione delle relazioni politiche con l’ottomano e con gli altri ambasciatori presenti a corte.

Note de fin

i Sull’importanza crescente del commercio olandese nel Mediterraneo: Van Gelder Maartje, Trading Places. The Netherlandish Merchants in Early Modern Venice, Leiden-Boston, Brill, 2009, p. 53-55; Van Royen Paul, « The first phase of Dutch Straatvaart (1591-1605), fact and fiction », in International Journal of Maritime History, II, 1990, 2, p. 60-102 ; Van Royen Paul, « The maritime relations between the Dutch Republic and Italy, 1590-1605 » Mazzei Rita and Fanfani Tommaso, (eds.), Lucca e l’Europa degli affari, secoli XV-XVII, Lucca, Pacini Fazzi,1990, p. 243-272.

ii Per un’analisi della figura del bailo veneziano a Costantinopoli: Dursteler Eric, « The bailo in Constantinople: Crisis and Career in Venice Early Modern Diplomatic Corps », in Mediterranean Historical Review, 16, II, 2001, p. 1-30.

iii Sulla congiura di Bedmar e il timore veneziano di un attacco spagnolo nel 1618: Preto Paolo, « La Congiura di Bedmar a Venezia nel 1618: colpo di stato o provocazione? », in Complots et conjurations dans l'Europe moderne. Actes du colloque de Rome (30 septembre-2 octobre 1993), Collection de l'École française de Rome, 220, 1, 1996, p. 289-315.

iv Gli inglesi erano già penetrati nel commercio del Mediterraneo verso la metà del XVI secolo e avevano insediato un loro ambasciatore alla Porta garantendo ai mercanti inglesi delle favorevoli condizioni di commercio: Darling Linda, « Mediterranean Borderlands: Early English Merchants in the Levant », in KERMELI Eugenia and ÖZEL Oktay, (eds.), The Ottoman Empire: Myths, Realities and “Black Holes”, Istanbul, The Isis Press, 2006, p. 173-188; Pagano De Divitiis Gigliola, « Il Mediterraneo nel XVII secolo. L’espansione commerciale inglese e l’Italia », in Studi Storici, 27, I 1986, p. 109-148. Per l’inserimento olandese nei commerci mediterranei prima del 1612: De Groot Alexander, The Ottoman Empire and the Dutch Republic. A History of the Earliest Diplomatic Relations 1610-1630, Leiden/Istanbul, Nederlands Historisch-Archeologisch Institut, 1978, p. 85-105. Sempre sulla figura di Cornelis Haga vedere il più recente: Van der Sloot Hans, Van der Vlis Ingrid, Cornelis Haga 1578-1654. Diplomaat en pionier in Istanbul, Boom, Amsterdam, 2012.

v Nel 1603 lo Shah Abbas il Grande aveva portato nuovamente la guerra sul confine orientale dell’Impero ottomano dopo quasi mezzo secolo di pace: De Groot Alexander, The Ottoman Empire and the Dutch Republic, op.cit., p. 7; 10-18.

vi L’ambasciatore francese aveva tentato, senza riuscirvi, di mettere Haga in cattiva luce agli occhi del primo visir. Tutto il dispaccio veneziano al Sentato è in cifra, ad indicare la delicatezza del tema affrontato: Archivio di Stato di Venezia (adesso : ASVe), Senato, Dispacci Ambasciatori, Costantinopoli, b. 73, n. 3 (10 marzo 1612).

vii Cozzi Gaetano, Cozzi Luisa, La Repubblica di Venezia, la casa d'Austria e gli Uscocchi, Laterza, Bari,1965.

viii Sull’importanza della scala commerciale di Spalato per i commerci veneziani con la Porta: PACI Renzo, La “scala” di Spalato e il commercio veneziano nei Balcani fra Cinque e Seicento, Venezia, Deputazione di Storia Patria per le Venezie, 1971; Tenenti Alberto, Venezia e i corsari: 1580-1615, Bari, Laterza, 1961.

ix ASVe, Senato, Delibere Costantinopoli, reg. 12 (29 novembre 1618).

x ASVe, Senato, Delibere Costantinopoli, reg. 13 (9 giugno 1620).

xi ASVe, Senato, Delibere Costantinopoli, reg. 13 (14 marzo 1620).

xii Ibid.

xiii La segnalazione della morte del Borisi per esecuzione: ASVe, Senato, Delibere Costantinopoli, reg. 13 (14 marzo 1620). Data la situazione difficile il bailo Nani si era avvalso del sostegno degli ambasciatori di Francia e Stati Generali: ASVe, Senato, Delibere Costantinopoli, reg. 13 (21 marzo 1620). De Groot Alexander, The Ottoman Empire and the Dutch Republic, op.cit., p. 163.

xiv ASVe, Senato, Delibere Costantinopoli, reg. 13 (19 giugno 1620).

xv ASVe, Senato, Delibere Costantinopoli, reg. 13 (26 giugno 1620).

xvi In cifra il bailo relazionava su una lettera ricevuta dall’ambasciatore Haga «dalla quale [si] potrà molto ben comprender l’effetto, che ha fatto nel Visir, l’essermi col detto Signor Ambasciator lasciato risolutamente intender di non voler mai assentire ad alcun pregiudicio ne passato, ne futuro, ne di essere suo procurator, et commesso; con tutto ciò non è da fidarsi punto d’esso Visir, perché quanto più le sue parole sono dolci, e soavi, tanto maggiormente si ha da dubitar del suo perfido animo»: ASVe, Senato, Dispacci Ambasciatori, Costantinopoli, b. 90, n. 2 (10 settembre 1620).

xvii ASVe, Senato, Dispacci Ambasciatori, Costantinopoli, b. 90, n. 4 (8 ottobre 1620).

xviii ASVe, Senato, Dispacci Ambasciatori, Costantinopoli, b. 90, n. 6 (6 novembre 1620).

xix ASVe, Senato, Dispacci Ambasciatori, Costantinopoli, b. 90, n. 2 (10 settembre 1620).

xx ASVe, Senato, Dispacci Ambasciatori, Costantinopoli, b. 90, n. 6 (6 novembre 1620).

xxi I 1000 zecchini erano già stati previsti come spesa dal governo veneziano proprio per ingraziarsi il Halill Pasha per indurlo a ostacolare un possibile attacco navale ottomano in Adriatico e non per la sua nomina a visir: ASVe, Senato, Dispacci Ambasciatori, Costantinopoli, b. 90, n. 7 (6 novembre 1620).

xxii Giustinian, incredulo, protestava di avere commissioni che quantificavano le pretensioni dei bossinesi in 60.000 talleri e non 200.000, somma esagerata e chiara frode ai danni di Venezia. Attraverso la mediazione di Haga il bailo riuscì a strappare al visir il dimezzamento delle pretese dei bossinesi a fronte di un donativo allo stesso visir di 25.000 talleri. Giustinian, pur conscio della necessità di concludere questa annosa questione, non voleva elargire una tale somma senza prima aver avuto il consenso da Venezia. Haga intanto era stato nominato fra i liquidatori del credito dei bossinesi: ASVe, Senato, Dispacci Ambasciatori, Costantinopoli, b. 90, n. 8 (21 novembre 1621).

xxiii La questione bossinese aveva impegnato tutti tantissimo e particolarmente l’ambasciatore Haga il quale, a detta dello stesso bailo, si era dedicato totalmente al servizio di Venezia trascurando addirittura i suoi compiti ordinari: ASVe, Senato, Dispacci Ambasciatori, Costantinopoli, b. 90, n. 10 (10 dicembre 1620).

xxiv ASVe, Senato, Dispacci Ambasciatori, Costantinopoli, b. 90, n. 11 (26 dicembre 1620).

xxv Si trattava della liberazione di un vascello fiammingo tenuto in fermo nell’isola di Candia dalle autorità veneziane senza pretendere i 2000 ducati che rappresentavano il valore della pratica di rilascio. Per i buoni uffici di Haga e per mostrare la buona amicizia fra le due repubbliche questa richiesta fu soddisfatta: ASVe, Senato, Delibere Costantinopoli, reg. 13 (6 novembre 1621).

xxvi ASVe, Senato, Delibere Costantinopoli, reg. 13 (29 gennaio 1622).

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Référence électronique

Ettore Cafagna, « Querelles commerciali: Venezia, Olanda e mercanti bossinesi a Costantinopoli (1620-1622) », Line@editoriale [En ligne], 9 | 2017, mis en ligne le 09 mars 2023, consulté le 13 mai 2024. URL : http://interfas.univ-tlse2.fr/lineaeditoriale/1703

Auteur

Ettore Cafagna